di Boris Brollo
Flash Art – Giugno 1994
La mancanza di radici della cultura contemporanea, soprattutto industriale e cittadina, è la diretta responsabile della nostra melanconia e depressione. La mancanza di una conoscenza totale o il fallimento delle grandi teorie unificatrici ci hanno posto nell’angoscia di una conoscenza parziale, non più di tipo oggettivo, come avviene nelle epoche storiche di espansione, bensì soggettive, ripiegate quindi sull’io, come direbbe W. Reich.
La psicanalisi ha fallito il suo compito salvifico di scienza nuova e oggi naviga all’interno del corpo e delle sue seduzioni percettive. Che fare allora se non ripiegare sui movimenti, anzi meglio sui tic del proprio corpo? Poi, partendo da questi, tentare di darsi una storia, magari meno nobile di quella ufficiale, ma più realistica, più vicina, più controllabile e in questa operazione di rovesciamento dal generale al particolare dove tutto è rimpicciolito, come non sorridere del mondo? Se dobbiamo interpretare una parte nel teatro del mondo l’importante è che lo si faccia con convinzione! Perchè allora scomodare E. Kris, Freud o Ròheim, così come Schopenhauer, Virilio o Baudrillad, o, quant’altri si voglia per giustificare una parte che il destino ti ha assegnato e non cercare invece le figure in cui foucaultianamente siamo divisi? E quindi arrivare a quello stato di grazia da non sentire il peso della responsabilità tramandateci da Nietzsche con la sua distruzione di Dio; si desidera essere deresponsabilizzati, indifferenti visto che come dice Kundera “non c’è più nessuna missione da compiere”.
Ecco che dopo Dio la patria mi dà una bandiera sotto cui uccidere, o porre in schiavitù altre genti, mentre io non lo desidero, e dove sta la mia salvezza se non nel mio limite: nel mio corpo, nel suo tic nervoso della risata, nello sberleffo esibito quale disgressione fisica che mi riconduca alla mia sessualità esibita, giocata, sputata e cinicamente disincantata per cui sberleffi e corna e gesti non denunciano la mia volgarità: questa è l’unica mia appartenenza concreta ad una identità comune e volgare del popolo, non quella astratta del filosofo che è parodia dell’umano, bensì quella tragica della quotidianità, dell’uomo comune e della sua maschera, del Pulcinella o altro. Ed ecco che con una capriola si è girato su se stesso ritrovando le radici interiori del proprio sarcasmo; delle proprie sconfitte viste con la saggezza dei vari Bertoldo, Bertoldino e Caccasenno italici. Ecco allora chiaro il bisogno di ex voto, tanti sono i potenti da scansare, da rabbonire, come da ammansire;così mi si spiega la necessità della smorfia o della risata per nascondere il mio vero sentire agli altri; ed eccomi così spiegato il lavoro sottile ed ironico, ma pieno d’intelligenza di Domenico “ Mimmo” Castaldi.